Commento all’articolo di Di Nicola


di Maurizio Coletti



Da oramai diversi anni la dicotomia lento – veloce (o, nel campo della psicoterapia: breve) ha uno spazio pronunciato in molti settori.

Come ricorda Vincenzo Di Nicola nelle prime righe del suo Manifesto, il consumo di cibo è uno di questi: il mordi-e-fuggi tipico dell’ora del lunch, che si contrappone allo Slow Food, il mangiare lentamente e con ricercata attenzione alla qualità degli ingredienti, delle pietanze, dei contesti in cui ci si ritrova. Come è risaputo, l’Italia ha una straordinaria tradizione in questo campo. Eppure, più di frequente nelle nostre città e nei quartieri in cui si addensano uffici e luoghi di lavoro, abbondano bar, tavole calde, pizzerie in cui chi ha un’ora scarsa di pausa addenta un tramezzino, un panino, trangugia una bibita.

Una diversità forte di stile e di approccio, pure se in Italia e in genere nell’Europa Meridionale si tenta di evitare la monotona offerta del panino sempre uguale, mettendo a disposizione pietanze un po’ più elaborate e con un occhio al consumo calorico.

Ma, cosa c’entra la differenza tra due modalità di intendere il cibo con la psicoterapia?

Dice bene il promotore del Manifesto: è una questione eminentemente di filosofia e Di Nicola (che è psichiatra sociale, psicologo – con una robusta formazione in terapia familiare – e filosofo) ha l’intenzione di affrontare la questione dei tempi lenti e veloci nel campo dell’intervento psicoterapeutico.

L’ossessione per la rapidità, effettivamente, ha invaso tanti settori del mondo come oggi lo conosciamo; terminare una cosa il più brevemente possibile è divenuto un imperativo che rende perfino la conoscenza “materia di consumo”. Un consumo veloce e vorace, che non lascia tempo per il sedimentarsi delle idee e delle esperienze.

Basta esplorare la rete per rendersi conto quanto sia estesa l’offerta delle psicoterapie brevi (di ogni approccio), sia per chi ne ha bisogno, sia per chi si vuole formare. Si è passati dallo stereotipo della terapia psicoanalitica pluriennale (plurisettimanale e molto costosa) ai programmi brevi e ultra brevi, nei quali l’approccio cognitivo coniuga protocolli fissi con la brevità del percorso.

Un approccio valutativo alle psicoterapie del tutto identico a quello in voga nella valutazione dell’efficacia dei farmaci o di quella delle strutture sanitarie, punta sui processi brevi senza prendere in considerazione altri fattori: si presume che il percorso corto abbia tutti i vantaggi, così come è per un ricovero ospedaliero di pochi giorni.

Non si tratta, qui, di negare i difetti insiti nella lunghezza delle psicoterapie; ma altrettanti aspetti problematici esistono nella psicoterapia breve; e non si tratta solo di affermare le difficoltà di processi elaborativi delle storie dei pazienti, ma di considerare l’evoluzione della psicoterapia in una dimensione non lineare e preconfezionata e l’esistenza di meccanismi difensivi spesso tenaci e prolungati che rendono difficile l’accesso ai nodi focali delle difficoltà delle persone, che si tratti di individui, di coppie, di famiglie.

Nelle società attuali, la lentezza viene considerata eminentemente un difetto, anche grave. E i tempi lunghi un insopportabile lusso che non ci si può permettere.

Lo scrittore Sten Nadolny ha romanzato [1] in maniera eccellente la storia di John Franklin (1786-1847), colui che sarà destinato a diventare uno dei più grandi esploratori artici inglesi. Ebbene, all’età di dieci anni Franklin era lento e poco reattivo; oggi gli si appiopperebbe rapidamente una diagnosi di ritardo mentale. Eppure, il protagonista (che fugge dal luogo di una crescita infantile troppo segnata da bullismo ed esclusioni) fa di questa sua lentezza di riflessi e di ideazione una qualità che lo porta a essere un insuperabile capitano di marina, un esploratore. Lentamente, appunto, trova un contesto non competitivo e matura conoscenze ed esperienze.

Di Nicola ha intenzione di arricchire il suo manifesto con contributi che declinano e interpretano la lentezza (del pensiero e anche dell’azione) nel campo delle scienze psichiatriche e psicologiche e delle psicoterapie come un “nuovo” paradigma.

Chi volesse conoscere gli sviluppi di queste idee, può esplorare il gruppo Facebook dedicato al Manifesto (https://www.facebook.com/groups/266957777967219) e, se ne ha l’intenzione, iscriversi allo stesso gruppo e partecipare con pensieri e proposte.

BIBLIOGRAFIA

1. Nadolny S. La scoperta della lentezza. Milano: Garzanti, 2015.