Sul potenziamento della Rete Regionale
dei Servizi dedicati agli abusi sui minori

Luigi Cancrini


La Giunta Regionale del Lazio, presieduta da Nicola Zingaretti, ha approvato una delibera che apre, in tutte le ASL del Lazio, dei Servizi specialmente dedicati ai bambini che vivono situazioni di abuso e/o di maltrattamento, fisico o psicologico.
La decisione, simile a quella già assunta dal Veneto, è importante per più di un motivo.
Quella cui si va incontro è prima di tutto una esigenza forte e tremendamente sottovalutata di intervento terapeutico perché 100.000 sono ogni anno i bambini e gli adolescenti segnalati ai servizi sociali per abusi o maltrattamenti: i servizi sociali li hanno presi, però,  in carico per le loro esigenze di tutela ma non di trattamento perché, finché i nuovi servizi non saranno in funzione, il diritto alla psicoterapia di tutti questi bambini non viene e non verrà di fatto rispettato.
La tipologia dell’intervento, in secondo luogo, perché la assunzione di soli psicoterapeuti psicologi chiarisce la natura post-traumatica dei loro eventuali disturbi, apre la strada a quel riconoscimento del diritto alla psicoterapia su cui io stesso ho basato le battaglie culturali e politiche di una vita e propone agli allievi della nostra e di tante altre scuole uno dei primi riconoscimenti ufficiali da parte delle amministrazioni che si occupano di Sanità:  incrinando il primato, sempre più triste, delle pratiche medico-farmacologiche in cui si stanno ogni giorno di più impantanando, non solo in Italia, troppi Servizi di Neuropsichiatria Infantile.
Il fatto che si tratti di Servizi di secondo livello, in terzo luogo, attivi in rete con i Servizi Sociali, con i Tribunali dei Minori e con il Tribunale Civile che si occupa di separazioni e divorzi, propone con chiarezza la necessità di collocare il lavoro psicoterapeutico centrato sulla elaborazione del trauma nel contesto (nei contesti) di vita del bambino e l’importanza per chi lo pratica di una cultura e di una formazione familiare e  “sistemica”: del tipo di quella proposta fino al 1972 all’interno del Centro Studi.
Il compito che ci aspetta tutti, a questo punto, è quello di considerare e di far considerare l’apertura di questi centri come il primo passo di una cultura psicoterapeutica di tutti i servizi che si occupano di salute mentale. Curare i bambini che vivono forme diverse di “infanzie infelici”, infatti, non è solo un modo di occuparsi della loro sofferenza ma anche l’unico modo serio e scientificamente fondato di prevenire lo sviluppo dei disturbi gravi di personalità dell’adolescente e dell’adulto.
Quello di cui occorre rendersi conto però è che, nei casi in cui quella prevenzione non c’è stata e il disturbo di personalità si è sviluppato, la possibilità di trovare il bambino che soffre nella storia lontano del paziente è fondamentale per aiutare davvero chi si presenta ai Servizi con gravi disturbi dell’umore o con forme diverse di dipendenza patologica, con i disturbi più gravi del comportamento alimentare, con i comportamenti autolesionistici e con forme diverse di violenza, in famiglia o all’esterno della famiglia.
Sul piano politico, infine, la riflessione su cui vorrei insistere riguarda la necessità di contrapporre alla visione medioevale della famiglia celebrata pochi mesi fa a Verona una visione moderna e corretta della famiglia, centrata sul rispetto dei diritti del bambino e, in genere, di tutti quelli che si trovano in una condizione di subalternità. Incompatibili con la visione del mondo di chi pratica la psicoterapia sono oggi, infatti, soprattutto le disuguaglianze e le discriminazioni: di cui vittime finali sono soprattutto i bambini. Dalla cui parte oggi è sempre più necessario schierarsi quando si discute di famiglia in crisi, di emigrazione e di marginalità.